"Usa Occhiali"

Sulla mia carta d'identità, tra i segni particolari è riportata la dicitura "usa occhiali".

La miopia (in famiglia amorevolmente definita completa cecità) mi accompagna dall'esame per la patente, almeno così credono tutti. In realtà, prima che il medico me lo confermasse, già sapevo di non vederci granché da lontano.

Lo sapevamo io e mio padre, entrambi non dicemmo nulla. Io avevo una fottuta paura degli occhiali. Mi avrebbero reso ancora più timido e introverso di quanto già non fossi. Mio papà fece spallucce, forse non facendo proprio gli interessi della mia salute, e la faccenda rimase nascosta al resto della famiglia per quasi due anni. Ma l'età della patente infine giunse, e con essa l'esame della vista. Mi ricordo che sperai fino all'ultimo di vederle tutte, quelle stupide lettere, ma era tanta l'agitazione che stentai già alla seconda riga. Sì, quelle lettere grosse grosse, che se non le vedi sei davvero ciecato. Alla fine, sforzandomi, riuscii a leggere metà tabellone, ma chiaramente l'obbligatorietà degli occhiali fu confermata.

Il primo paio durò pochissimo, andando in frantumi allo stadio, al primo gol del mio primo derby. Il secondo paio è stato accantonato per un lieve aggravamento, il terzo è quello che ho indosso ora.

Da oggi abbiamo un'altra quattrocchi in famiglia: è la piccola Dada, visitata per un lievissimo strabismo e restituita con una forte ipermetropia. Che non è essere presbiti e non è nemmeno una specie di supervista che hanno i bambini. E' un difetto che porta l'occhio a sforzarsi molto per vedere, e se non corretta con lenti può gradatamente portare a non vederci un belino, come si dice qui da noi.

E così sia, questi sono i primi occhiali di Adelaide (fighissimi, per altro):


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