Il filo di seta



Io, se solo sapessi cos'è, 
cosa c'è dietro a quell'ombra, 
a quella paura 
che ti fa cambiare faccia 
e fa dire quello che non si pensa. 

A volte è proprio così, con i partner e con i figli.
Ci sono volte che lo sappiamo benissimo, cosa c'è dietro a quell'ombra.
Altre volte, non la parte maggiore, non la parte minore, ma solo altre, non ne abbiamo idea.
Rispondiamo male, siamo stanchi, rifuggiamo il dialogo, non abbiamo voglia di fare un passo.
Il filo davanti a noi ci appare pieno di spine.
E se ci chiedono perché, ci rintaniamo ancora, come la lupa nella tana che difende i cuccioli, ed escono solo i denti dal buco nella terra, a mostrare che è decisa a farci sanguinare per allontanarci. Ma in quelle altre volte noi non stiamo difendendo i nostri piccoli, bensì solo noi stessi.

Succede, a noi papà ma in generale a noi uomini.
Succede di aver paura di noi.
Di aver paura della felicità, di abbandonarsi ad essa, di far fuggire l'ansia, il negativo, il brutto. Succede quando questo brutto, quando questo male, quando questa tristezza è stata parte di noi per così tanto tempo da diventare nostra sorella. E lasciarla andare ci rende inquieti.
Siamo sicuri delle nostre paure, della nostra tristezza, ci fa compagnia.
Ci fanno stare più tranquilli con noi stessi, ma fuori da noi le nostre paure ci rendono mostruosi; perché gli altri non le comprendono, ed è normale che non vi riescano.

Questa mattina, a colazione, mi pareva di camminare - l'ho sussurrato - sul ciglio di un burrone.
Non mi è venuta in mente metafora migliore, forse filo di seta spinato vi si avvicina ancora. Il filo su cui camminiamo in certi periodi - come questo per noi - cercando di non calpestare il bottone sbagliato: quello che fa scattare i capricci di una figlia nell'età (tre)menda.
Sono notti che si sveglia e piange inconsolabile, e mi sento così in colpa, non sopporto nemmeno la sua tosse.
C'è qualcosa dietro a quell'ombra, che fa, appunto, dire quello che non si pensa.
E cambiare faccia,
trasfigurarci.

Sempre per dirla con Elisa, eppure, oggi mi basta un salto per raggiungere la felicità.
Perché, allora, non riesco a saltare?
Perché il filo, anche se è di seta, mi sembra spinato?

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