Una bicicletta senza rotelle

Ieri sera sono andato a dormire tardi, le bimbe dai nonni, e addormentandomi molto lentamente ho avuto un pensiero fisso. Manca poco al transito verso un'età più adulta, senza mani piccolissime, senza alcune tenerezze e momenti tipici della primissima infanzia.

E ho avuto nostalgia.

Io, che ho sempre detto senza vergogna "non vedo l'ora che abbiano almeno sette anni", io che so di risultare agli occhi di alcuni come un padre poco sentimentale e talvolta cinico, io che ho investito molto tempo nel rigore e nel rispetto di certe regole, a volte sottoponendovi anche l'amore.

Ora, che Ginevra da un momento all'altro, da sola, ha imparato ad andare in bici senza rotelle. E Adelaide la segue con una rotella sola. Ora che contano fino al dieci e oltre, anche in inglese. Ora che hanno atteggiamenti adulti, ora che parlano, parlano, parlano. Ora che si arrabbiano, che litigano, che protestano, che cercano di sovrapporsi alle nostre voci. Ora che rivendicano diritti, ora che giocano da sole anche per ore, ora che ci aiutano nei lavoretti di casa, ora che sono totalmente autonome nel mangiare, nel vestirsi (quando vogliono), nelle faccende intime. Ora che cominciano a capire le battute, gli scherzi (quando vogliono), ora che interagiscono con amici e parenti a pari livello, ora che i nostri amici sono i loro amici, quasi senza barriere di età.

Ora, in modo così forte e chiaro, mi rendo conto di quanto tempo sia passato da quando compilavo le tabelle di crescita nei primi mesi di vita. Forse sono stato avaro di sorrisi, di abbracci, non li ho negati ma non li ho neppure incentivati. Forse.

Eppure, sono felice quando ripenso ai momenti di gioco passati con loro, spero resti qualcosa anche dentro di loro. Spero che ogni tanto a scuola pensino a me. Ai momenti passati insieme.

Ci siamo ritagliati un momento tutto nostro, nei weekend quando siamo a casa, dopo pranzo andiamo in camera di mamma e papà e giochiamo. La tana sotto le coperte, il gioco degli squali, mosca cieca, il fantasma sotto il lenzuolo, il solletico sotto i piedi, e tanti altri giochi senza nessun gioco, solo noi tre e tanta fantasia. Sono loro a chiedermi di "andare giù a giocare", e mi fanno felice chiedendomelo.

Spero che rimanga questa tradizione, nel tempo, che sia un legame con un periodo che sarà sempre più passato, che si sta slacciando da noi, sfilacciato, veloce come veloce è una vita, una bicicletta senza rotelle e in costante equilibrio precario...


Commenti

  1. Ho scovato il tuo blog su un link attraverso fb...e vorrei farti i complimenti per il bel modo coinvolgente di scrivere. Questo post mi ha accarezzato l'anima...e fatto quasi scendere una lacrimuccia. Grazie!! (abbiamo una bimba con lo stesso, insolito ma meraviglioso, nome. Adelaide. A presto e buona continuazione! robi

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    1. grazie :-)
      fare incontrare due Adelaide se pur virtualmente non era facile ;-)
      continua a leggermi, mi fa piacere sapere che qualcuno è in ascolto (scrivo meno di un tempo, cerco di tenere il ritmo di un post al mese...)

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