Mio papà esultava ai gol di Vialli

Mia nonna paterna nel 1995 fu operata di tumore benigno alla spina dorsale.

Ne uscì bene, tanto bene che dopo l'operazione ebbe modo di fare un brindisi insieme al chirurgo che l'aveva operata per festeggiare la retrocessione della squadra nemica. Si, parliamo di calcio, sì, molti diranno roba da matti. Ma questo post non poteva che iniziare così, per far capire che tifosi non si diventa, ma si nasce, anzi lo si è da sempre, prima dentro i nostri nonni, poi dentro i nostri padri. Non è vero per tutti, ma per me sì, e questo mi basta per raccontare quello che succede in queste ore. Un anniversario.

Io sono tifoso, ma tanto, tanto, tanto, perché lo era mio padre, e mio padre era tifoso, ma tanto, tanto, tanto, perché lo era sua madre, mia nonna, che il giorno dello scudetto della Sampdoria al gol di Cerezo urlò "bello u me Toninho!", con le mani che le stringevano il volto. Io avevo dieci anni non compiuti, i mie primi ricordi del ramo paterno sono tutti legati alla Sampdoria, non ci posso far niente e non ci voglio far niente. Mi piace. Parecchio.

In queste ore, diciannove anni fa persi il mio papà. Vado verso i trentotto anni, dunque da oggi avrò vissuto più senza padre che insieme a lui. Insieme, poi, che parolone: il mio era uno di quei padri separati che vedono il figlio ogni quindici giorni, e per due settimane d'estate. Ho fatto i conti: tolte le ore di sonno, ho avuto la compagnia di mio padre per 450 giorni, un anno e spiccioli. Cosa abbiamo fatto in questo tempo, non lo racconterò qui, lo so io, lo sa lui, e tanto basta. Quello che non volevo lasciar vuoto era questo anniversario particolare, la sensazione che quel passato è compromesso, sfocato, fuggito. Sono diventato papà senza un papà, ho fatto la maturità senza papà, mi sono innamorato senza papà, ho visto crollare le Torri Gemelle senza papà, ho pagato con i primi euro senza papà. C'è stata una vita con papà, non fatico a ricordarla, ma sembra quasi la vita di un'altra persona. Poche cose me la ricordano come la mia stessa vita e una di quelle poche cose è la Sampdoria. La prima volta che ho visto una partita in tv ero con lui, la prima volta che ho visto una partita allo stadio ero con lui. La prima persona che ho visto urlare e piangere di gioia per un gol è lui. La prima parolaccia per una sconfitta l'ho sentita da lui. I primi cori da stadio li ho imparati da lui. Il primo gagliardetto blucerchiato l'ho visto appeso a casa sua, ed è grazie a quel gagliardetto che ho imparato la sequenza di colori. Blu, bianco, rosso, nero, bianco, blu. Il primo corteo in piazza l'ho vissuto con lui, il 19 maggio del 1991, il giorno del Tricolore. Era la Samp d'oro, quella di Paolo Mantovani, di Boskov, di Mancini e di Vialli.

Ed ecco perché in questi giorni in cui si parla di Vialli come possibile Presidente della Sampdoria ho sentito la testa ballare, perché mi sono agganciato alla mia infanzia, ai ricordi che mi legano alla vita con mio papà. L'ho rivisto esultare, sventolare la bandiera fuori dalla finestra, come un pazzo, ma un pazzo simpatico, un pazzo come me.

Non so se le mie figlie diventeranno così tifose, così pazze, non le forzerò ma ci spero. Di sicuro racconterò loro, quando sarà tempo, come e perché sono nato tifoso della Sampdoria, come e perché il loro papà, come il loro nonno che non hanno mai visto, quando la Samp fa gol non riesce a trattenersi...

...lui esultava ai gol di Vialli, io potrei vederlo come Presidente.


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