I tablet non uccideranno i nostri figli

I trentenni di oggi (trentenni abbondanti, ormai...) sono diventati grandicelli sparandosi dosi quasi letali di Holly & Benji e Kiss me Licia, eppure (ci sono anche io nella categoria) non siamo cresciuti pensando che tirando forte un pallone questo potesse davvero diventare ovale e lasciare scie luminose, e nemmeno credendo che colorandosi i capelli come Mirko si potesse fare strage di ragazze.

La televisione non ci ha ucciso, non ci ha influenzato più di tanto e ormai non comanda e non regola più, nel modo più assoluto, l'agenda quotidiana. Di giorno in giorno viene accompagnata prima e sostituita poi da altri device, da altri mezzi, altri strumenti.

Tutto ciò ha un nome e un cognome: si chiama evoluzione tecnologica e pare che molte persone - che ovviamente si muovono tutte a piedi o coi mezzi pubblici, usano le lampade a petrolio per l'illuminazione e la legna per scaldarsi - facciano fatica ad accettarla.

(quattro anni fa parlavo di digital native e di come comportarsi, e ho scoperto che non la pensavo troppo diversamente...)

E' strano.

Vogliamo il meglio per i nostri figli, ma mettiamo in dubbio secoli di scienza perchè "chissà i vaccini cosa contengono". Ma quando scopriamo che il morbillo non è una malattia come tante, o che la meningite non è un mostro immaginario nascosto nell'armadio, allora i medici devono tirar fuori subito la cura. Altrimenti guai a loro.

E' strano.

Vogliamo togliere quei maledetti tablet dalle mani dei nostri figli, ma quando i ragazzini del passato scorrazzavano in giro con i ciao senza casco, o bighellonavano nelle periferie, nei boschi, nei quartieri malfamati, andava tutto bene. Qualcuno ogni tanto cadeva nei pozzi o se lo mangiavano i lupi, ma pazienza. Potevano respirare la libertà, vuoi mettere?

E poi, dai: l'inglese meglio impararlo già ai tre anni, proviamo settecento sport diversi così poi scelgono quello che preferiscono, buttiamoli pure giù dalla montagna con un paio di scii ai piedi prima che abbiano imparato a vestirsi da soli, trasportiamoli pure in macchina senza cinture intanto vado piano, ma no, per carità, tutto ma il tablet no, eh no, mio figlio il mio cellulare non lo tocca, ma no il computer è troppo presto (in altri Paesi è un normale strumento scolastico, ma noi dobbiamo fare i filosofi mediterranei, quelli che scriveranno sempre a mano e poi a 18 anni dovranno emigrare per avere un futuro).

Siamo proprio sicuri di aver identificato il problema principale, il pericolo numero uno a cui dare la caccia? Un bambino con un tablet in mano è "il male del nostro tempo" come ho visto scrivere da qualcuno?

Sarò pazzo io: pensavo che la fotografia del male del nostro tempo fosse quella di Aylan, e non di un bimbo che impara divertendosi con un tablet.

Quanto avrebbero dato, della loro vita, del loro tempo, del loro corpo, della loro anima, i genitori di Aylan e insieme a loro tutti i genitori che un computer non lo hanno mai visto, per poter vedere il loro figlio seduto su un normale divano, con in mano un normale tablet, a imparare l'alfabeto o fare le prime operazioni, o addirittura giocare un po'?

A noi invece deve proprio farci tutto schifo, se pensiamo che il problema dell'umanità sia un bambino che gioca con un tablet!


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