Le cose semplici

Non ci sono sfumature nelle emozioni dei bambini. Sai che ti amano, a modo loro, ma ci sono momenti in cui sembrano odiarti, quando piangono per quello che a noi sembra niente, o quando ti sfidano a viso aperto sul territorio delle regole, del questo si può fare, questo no.

Avvicinandoci ai tre anni, si fa sempre più forte l'esigenza e l'utilità di ricorrere al dialogo.
Per spiegare che i giochi troppo grandi non si portano fuori casa, a volte non basta un no.
Per far capire che prima di giocare bisogna fare qualcos'altro, a volte non basta un no.
Per dire che la cioccolata è buona ma non bisogna esagerare, a volte non basta un no.
Coi bambini ci si abitua a descrivere l'ovvio.
Un gioco grande ingombra, con quelle manine fai fatica a tenerlo in mano.
Prima di giocare dobbiamo cambiare il panno, altrimenti ti bagni tutta.
Se ci mangiamo tutta questa cioccolata, ci viene mal di pancia.
E i bambini capiscono. Le mie figlie non sono più intelligenti di altre - credo :-) - ma i risultati del dialogo cominciano a vedersi. Sì, a volte non c'è storia, e il pianto, l'urlo, vola per conto suo, nei cieli incomprensibili di un mondo piccolo e inesperto, un mondo in quel sangue bianco che sono le lacrime (cit.) è l'unico modo per esprimersi e magari chiedere aiuto.
In quei casi il dialogo va sospeso, rimandato.
Certe volte è davvero difficile capire quando e come.
Altre, è l'intuito a guidare.

Oggi, ad esempio, mi sembra di aver vissuto in sintonia perfetta con Ginevra. Adelaide non ha ancora raggiunto l'età del dialogo: quando ha fame ha fame, quando ha sonno ha sonno, quando vuole qualcosa dice dammi e quando vuole TE dice vieni. Punto. Con Ginevra non è più così. Il dialogo esiste, è ricercato, talvolta è stimolato da lei stessa, che fa domande. Cos'è quello, cos'era quel rumore, cosa fai. E poi aggiunge: voglio vedere, anche io voglio fare, e via così. Certe cose può farle, altre no. Nel pomeriggio l'ho portata in garage: avevo da fare qualche lavoretto, lei non ha potuto aiutarmi ma era felicissima di poter guardare, di poter partecipare. Si è seduta nel baule dell'auto aperto a giocare con un cacciavite (sì, un cacciavite: è abbastanza grande e furba da non piantarselo in un occhio), ridendo e guardandomi lavorare, facendo commenti pertinenti, domande, piccole battute.
E' così che immagino il rapporto con le mie figlie d'ora in poi: un dialogo, un dialogo la cui assenza, in passato, con altri attori, ha condotto a incomprensioni, tristezze, lacune, perdite.

Perchè il genere umano è complicato, perchè siamo orgogliosi, ambiziosi, non lasciamo spazio all'imperfezione, alla semplicità.
Io spero ora di ripartire dalle cose semplici.
Un picnic con le nuvole.
Leggere una storia sul divano.
L'amore.




Commenti

  1. è difficile liberarsi da certe zavorre. Ma ce la si può fare. :)

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