Prospettive

"Dipende dalla prospettiva con cui si guarda qualcosa".

Quante volte abbiamo sentito o usato questa frase nella nostra vita? Io, molte. Quando si ha a che fare con essere umani di altezza inferiore al metro, anche detti bambini piccoli, la prospettiva non è più soltanto una parola retorica.

Prendiamo ad esempio queste foto:







Le ha fatte Ginevra, appropriandosi impropriamente della macchina fotografica di papà, nel frattempo impegnato in una conversazione calcistica. Le foto ci mostrano quello che vede Ginevra, una bimba di due anni e mezzo, se non alza lo sguardo. Se guarda dritta vede delle gambe, dei pavimenti, dei prati, delle scarpe, delle ringhiere. Poi, certo, usa il cervello e...papà mi metto su un gadino e vedo i oatoi (giocatori...eravamo all'allenamento della Sampdoria!).
Il punto è che la prospettiva dei bambini è limitata. Anche nella vita quotidiana, nelle loro prime esperienze di gioia e dolore, e sentimentali in genere, emozioni sparse incomprensibili e ingestibili.

Noi, in questo periodo, stiamo sperimentando la prospettiva - ovvero il sentimento - dell'assenza.

La nonna, come sanno chi ci conosce e chi segue il blog, è infortunata e assente dalle vite delle bimbe. Ormai da quasi un mese. Una presenza che prima era costante, è venuta meno all'improvviso. I grandi sanno che tornerà, ma i bambini vivono il presente, al massimo arrivano a concepire ieri e dopo. E il dopo, spesso, si traduce in soggettivo "appena possibile".
Se questo è vero per Ginevra, è un concetto assoluto e totale per Adelaide, che di anno ne uno in meno. Per lei esiste l'adesso. E adesso, in ogni suo adesso, oltre alla nonna (e al nonno, altra presenza che era frequente e ora per motivi di tempo non lo è più) spesso manca la mamma, divisa o moltiplicata - anche qui, a seconda della prospettiva - tra lavoro, assistenza ai suoi genitori, faccende domestiche. Il fatto che io, il papà, ci sia, non cancella e non rifrange la prospettiva da cui guardano le bimbe: nonna, non c'è, nonno, non c'è, mamma, c'è poco. Aiuto. Cosa succede?

La reazione alla loro prospettiva è diversa. La differenza di un anno, alla loro età, si vede parecchio.

Ginevra fa un po' la smorfiosetta ma poi le passa. Non solo comprende che la mamma in questi giorni è spesso via perchè deve occuparsi della nonna maata e otta (malata e rotta...) ma si fa più facilmente prendere dai momenti di svago, dai lavoretti casalinghi, e dimentica il sentimento di - non so come altro chiamarlo - rabbia per una stabilità familiare che in questi giorni vacilla.

La Dada invece traduce in lacrime, piuttosto durature, il momento del distacco (anche momentaneo) dal papà e dell'arrivo della mamma. Dicono che è una reazione normale e prevedibile (chi ha esperienze di asilo e scuola potrà confermare), ma a volte fa maledettamente male....ma anche qui, ecco la prospettiva che cambia: lei non sa che le assenze di questi giorni sono inevitabili e in un certo senso giuste. E, ugualmente, non sa che tra poche settimane i ruoli si invertiranno e avrà tanta di quella presenza materna da stancarsene :-)

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