Novecentosessantotto

Mille giorni fa.

Erano i tempi delle nostre prime scorribande in camper. Segnavamo sulla mappa dei ricordi le prime aree di sosta buone (Cremona, piazzale della Croce Rossa, vicina al centro), avevamo ancora sulla pelle i chilometri dell'ennesimo viaggio intercontinentale. Quell'Argentina che ho deciso di tatuarmi sulla pelle. Quell'Argentina in cui cominciammo un percorso di vita e di famiglia, che suonava come "proviamo un po' a diventare più di due". E non a Buenos Aires, ma a Parma, in trasferta, dentro ad un Febbraio mite, circa mille giorni fa, intravedemmo le due lineette rosa. Erano quasi invisibili, ma esistevano. E mia moglie se lo sentiva, percepiva, avvertiva Ginevra dentro di sé.

Stamattina, pochi minuti fa.

Suona una sveglia prima delle 7 e non è la mia. Una voce sussurra "ora muoio di sonno", poi "ti prego fammi un massaggio", e poi ancora "spegni la radio che di là sentono". Di là è "le bimbe", che dormono tranquille dopo una notte discreta. Discreta, quando nel recente passato hai vissuto notti da odiare, significa praticamente perfetta. Ci alziamo, chiudiamo la cameretta per non farvi entrare la mattina, e la mattina entra in noi. Mi ricordo, sono l'addetto alla colazione mentre lei si prepara. Caffelatte per entrambi. Ci sediamo, fuori è grigio e bagnato. Novecentosessantotto giorni fa - e precedenti - le mattine erano così.

Oggi, dopo novecentosessantotto giorni, mia moglie torna a lavorare.

Finisce un'epoca, ne comincia un'altra...anche se da fuori sembrano soltanto direzioni da prendere, oggi per noi è un po' come il primo giorno di scuola. Un giorno zero.








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